Chiesa del Santo Salvatore

La chiesa del Santo Salvatore, sconsacrata dagli anni ‘60 dell’Ottocento, rappresenta uno dei rari esempi di architettura religiosa di epoca bizantina conservati in Sardegna.  La sua costruzione è, infatti, riconducibile al periodo compreso fra il IX e l’XI secolo, così come rivelano le sue strutture murarie, le uniche che, in assenza di documenti relativi a quell’epoca, possiamo interpellare per approfondire la conoscenza dell’antico edificio. La chiesa ha sviluppo planimetrico cruciforme, internamente è coperta da una volta a botte e in origine si concludeva a est con tre absidi di cui solo recentemente si sono rinvenute le tracce a livello di fondazione.

Chiesa di Sant’Antonio Abate

L’edificazione risalirebbe al X-XI secolo. Sul lato destro della facciata si apriva una finestra con cornice di mattoni oggi coperta. L’originario assetto dell’edificio, realizzato con forme artistiche e religiose bizantine, prevedeva tre navate (suddivise tra loro da arcate) e altrettante absidi semicircolari. Attualmente sono visibili l’aula centrale e la parte terminale della navata destra. L’aula centrale è suddivisa in quattro campate da archi trasversali a tutto sesto e realizzati in mattoni. Il soffitto originario, voltato a botte, è stato sostituito da una copertura di travi di legno. Sopra la porta che conduce alla sagrestia un’iscrizione ricorda i lavori di restauro compiuti nell’edificio negli anni 1923 – 1929 per iniziativa del vescovo Saturnino Peri e del canonico Oliviero Angioni.

Chiesa di San Domenico

La costruzione di questo edificio fu patrocinata nei primi anni del secolo XVII dal vescovo di Alghero Nicolò Canavera, nativo di Iglesias. Grazie ad un lascito, disposto nel 1610, dal canonico Melchiorre Fença Canavera, venne annesso alla chiesa un convento di frati domenicani. L’edificio, nel suo evidente aspetto tardo gotico, rappresenta una testimonianza di quella fase artistica di revival stilistico sviluppatosi in Sardegna tra il Cinquecento e l’inizio del Seicento. Sulle pareti della navata vennero collocate diverse lastre tombali che in origine risultavano inserite nella pavimentazione. La prima a destra è del canonico Francesco Fontana, morto nel 1801, la seconda reca il settecentesco epitaffio del canonico Benedetto Apostoli il cui ritratto è scolpito in alto rilievo sul marmo. La terza lastra tombale è del vescovo Nicolò Canavera (morto il 13 luglio 1613). L’ultima epigrafe si trova nella parete sinistra; è di Giovanni Battista Cogoti e risale al 1772. Da rilevare in questa chiesa l’assenza del presbiterio, che fu completamente demolito per consentire l’apertura al traffico della retrostante via Eleonora. L’arco d’accesso al presbiterio venne così inglobato nella nuova parete di fondo in cui si collocò tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento l’attuale altare nella cui nicchia centrale si trova il simulacro di san Domenico.

Chiesa di San Michele

L’edificio, il cui prospetto non venne mai ultimato, è stato costruito tra la fine del secolo XV e gli inizi del successivo e propone i consueti caratteri del tardo gotico catalano.  L’oratorio dedicato all’arcangelo Michele venne edificato per iniziativa della Confraternita del Santo Monte sotto l’invocazione e il titolo della SS. Vergine della Pietà. In occasione della Settimana Santa l’oratorio di san Michele diviene il centro della vita religiosa cittadina.  Da qui partono le suggestive processioni attraverso le quali il popolo dei fedeli è chiamato a rivivere i misteri della passione e morte di Gesù.  Con rituali rimasti invariati nei secoli i confratelli, nei loro caratteristici abiti di derivazione spagnola, accompagnano i fedeli in questa rievocazione suggestiva percorrendo le strade del centro storico di Iglesias invitando i fedeli al raccoglimento, alla meditazione e alla preghiera. I bambini, i giovani e gli adulti partecipano alle processioni indossando una tunica bianca di tela che copre fino al polpaccio, stretta in vita da un cordone, mentre il viso è celato da un cappuccio detto Visiera.  A motivo di questo abbigliamento vengono detti Baballotti; termine che in sardo campidanese si può tradurre come animaletto o piccolo insetto.  Coloro che appartengono all’Arciconfraternita sono detti invece Germani; termine che deriva dallo spagnolo hermano (fratello). Il loro abito è composto da una camicia ornata da fiocchi di velluto nero e da volanti sulle spalle, sul girocollo, lungo l’apertura anteriore e nell’estremità delle maniche. Un’ampia gonna lunga fino a coprire le caviglie completa l’abito, arricchito da una fascia di seta bianca con coccarda che stringe i fianchi.

Chiesa della Beata Vergine di Valverde

La chiesa, sorta intorno alla fine del secolo XIII, rappresenta un modello architettonico di matrice romanica dalle linee gotiche. La facciata, interamente realizzata in conci di pietra vulcanica, è divisa in due ordini da una cornice orizzontale modanata. Nel primo ordine si apre il portale sormontato da arco a tutto sesto con sopracciglio, nel secondo ordine si colloca una bifora gotica, anch’essa con sopracciglio.  L’interno subì profonde trasformazioni alla fine del XVI secolo: l’originaria copertura a capriate venne sostituita con archi diaframma a sesto acuto a sostegno degli spioventi lignei; il nuovo vano presbiteriale a pianta quadrata venne coperto con una volta stellare gemmata; sul lato destro vennero aperte due cappelle, mentre quella sul lato sinistro è oggi obliterata. Nella gemma centrale, la più grande, è raffigurata la Madonna col Bambino. Nelle quattro gemme minori sono incisi rispettivamente il nome dell’autore dell’opera: Melchiorre Serra; la data di esecuzione della stessa 1592; il nome del curatore della fabbrica, l’obrer Antioco Spada; il monogramma di Cristo JHS.

Chiesa di San Francesco

L’edificio attuale è frutto di un totale rifacimento iniziato sul finire del Quattrocento e protrattosi fino agli ultimi anni del secolo XVI e rappresenta una delle architetture gotico-catalane più significative della Sardegna. Nella semplice facciata si apre un portale archiacuto. In linea con esso un rosone racchiuso da cornici modanate e più in alto una mensola su cui poggia una graziosa scultura in marmo che rappresenta la Vergine incinta.  L’interno si presenta scandito in campate da archi trasversali poggianti su semi pilastri in conci di trachite sagomati. Nei capitelli del secondo e terzo pilastro sono scolpiti scudi con lo stemma della municipalità iglesiente in epoca aragonese e spagnola. Sul capitello del quarto pilastro appare sia a destra che a sinistra lo stemma dell’ordine francescano: due braccia incrociate. Lo scudo successivo, sul quinto capitello, reca l’iscrizione O.P.A. (opera) e la data 1558. Il presbiterio a pianta quadrata è rialzato e coperto da una volta stellare. Sette cappelle si aprono su ogni lato. Dalla prima cappella a destra si può raggiungere una cantoria in muratura. Degno di nota, fra gli elementi di arredo liturgico, il Retablo della Vergine attribuito al pittore stampacino Antioco Mainas, realizzato intorno alla metà del XVI secolo.

Chiesa della Vergine Purissima

La costruzione della chiesa intitolata alla Vergine Purissima e del collegio ad essa annesso è dovuta all’ordine della Compagnia di Gesù presente ad Iglesias dal 1578. La costruzione della chiesa, avviata sul volgere del secolo XVII, ebbe uno sviluppo piuttosto lungo e venne consacrata nel 1728 durante la visita pastorale compiuta dall’arcivescovo Falletti.  Alla sinistra della Chiesa, si eleva il campanile realizzato tra il 1909 ed il 1913.  L’edificio presenta una pianta con navata centrale affiancata da cappelle laterali rialzate. Il vano principale si conclude in un ampio presbiterio a pianta quadrangolare, anch’esso posto su un livello superiore rispetto a quello dell’aula. I dipinti della seconda e terza cappella a sinistra che raffigurano la Natività, l’Annunciazione, la Preghiera nell’orto, la Cena in Emmaus e l’Apparizione a santa Margherita sono stati realizzati tra il 1906 ed il 1908 dal pittore Luigi Gambini e dai suoi collaboratori. Attualmente nella Chiesa della Vergine Purissima sono custoditi gli 8 “Candelieri” in rappresentanza dei gremi e dei quartieri storici che scendono in processione durante la grande Festa di Sancta Maria di Mezo Gosto.

Cattedrale di Santa Chiara

La Cattedrale di Santa Chiara è la prima chiesa dedicata a Santa Chiara d’Assisi elevata a cattedrale e sorge nel centro storico di Iglesias, in piazza Municipio. È stata eretta per volontà del conte Ugolino della Gherardesca in stile romanico – gotico tra il 1284 e il 1288, solo in seguito, nel 1503, assunse il ruolo di cattedrale. La facciata è affiancata da un campanile a canna quadrata nella cui cella campanaria si trovano quattro bronzi di cui il più antico rimonta al 1327, opera di Andrea Pisano. L’interno, ampiamente rimaneggiato a partire dal XVI secolo, ha una pianta a croce latina con navata unica e cappelle laterali. L’aula viene suddivisa in quattro campate da archi a sesto acuto.   Le campate vennero costruite fra il 1576 ed il 1588 e rivestono particolare importanza per le loro raffigurazioni che rimandano alla sensibilità artistica e religiosa che ha connotato la società cittadina in epoca spagnola.  Nella prima volta è scolpito il crocifisso, mentre nella seconda è raffigurata una scena del martirio di Sant’Antioco (Patrono della Diocesi).  La terza volta ha al centro la figura di Sant’Antioco orante. La volta presbiteriale al centro presenta il Cristo nelle vesti di Giudice alla fine dei tempi, mentre nelle gemme o chiavi minori sono raffigurati rispettivamente santa Chiara, san Sebastiano, ancora sant’Antioco e san Giovanni Evangelista. L’altare di Sant’Antioco è stato realizzato in ginepro intagliato e dorato tra il 1712 e il  1718. 

Palazzo Vescovile

Il palazzo vescovile si affaccia sulla Piazza Municipio unito da una galleria alla Cattedrale di Santa Chiara.  Il primo progetto dell’episcopio fu stilato nel 1763 dall’ingegnere militare piemontese Saverio Belgrano, fra i primi diffusori nell’Isola di quelle novità architettoniche con cui gli architetti dei Savoia riuscirono a volgere, in chiave più sobria, i suggerimenti del barocco.  A quello del Belgrano seguirono altri tre progetti.

Palazzo Comunale

L’edificio si trova nel cuore del centro storico, in posizione centrale rispetto all’originario perimetro delle mura medievali.   Fu costruito dall’Impresa Vincenzo Sulcis, tra il 1871 ed il 1872 su progetto del civico ingegnere Antonio Cao Pinna.  Questo episodio architettonico coincide con uno dei momenti di massima crescita della città, sostenuta dall’incremento dell’attività mineraria. Molto interessante la sala consiliare con gli interventi di decorazione eseguiti, nel corso degli anni ‘20 del Novecento, da Francesco Ciusa, scultore sardo di fama internazionale e di Remo Branca, illustratore e pittore.