Santuario di San Giuseppe

Costruito tra la fine del secolo XVI e gli inizi del XVII si caratterizza per le consuete forme tardo-gotiche.  L’edificio, presenta una semplice facciata sormontata da un timpano ed arricchita da una finestra ad oculo con vetri policromatici che compongono l’immagine di san Giuseppe e Gesù Bambino, mentre all’interno l’impianto ad aula è contraddistinto da una copertura con volta a sesto acuto.  L’altare ospita una struttura lignea che contiene il simulacro di San Giuseppe. Ai lati dell’aula si trovano due cappelle. In quella di destra è il simulacro di santa Lucia del XV secolo. In quella di sinistra una statua della Vergine del XVIII secolo, un Gesù bambino del XIX secolo e l’antica campana del santuario fatta fondere dal canonico Antonio Canavera nel 1639.  Nella sagrestia del santuario è conservata un’acquasantiera su cui è impressa un’effigie di santa Chiara mentre si difende dai saraceni innalzando l’ostensorio.

Santuario della Vergine del Buon Cammino

Il santuario sorse intorno agli anni ’30 del secolo XVII. Una delle due campane che attualmente si trovano nel campanile a vela che corona il prospetto dell’edificio risale al 1668. La chiesa venne totalmente ricostruita nel 1777, anno in cui i coniugi Maria Antioca Pisano e Antioco Bernardini, dopo aver ottenuto il nulla osta del vescovo, finanziarono i lavori. Alla costruzione settecentesca si aggiunse nel 1803 un altro corpo di fabbrica. Esso serviva per offrire ospitalità ai pellegrini nei giorni di festa. Un terzo elemento architettonico fu aggiunto ai precedenti nel 1817. La chiesa già dai primi decenni del Novecento minacciava rovina e gli eredi di Maria Antioca Pisano, non potendo provvedere alle riparazioni necessarie, decisero nel 1957 di cederne la proprietà all’autorità ecclesiastica. I lavori di rifacimento per quanto avviati a partire dal 1961 trovarono compimento solo con la solenne consacrazione della chiesa avvenuta nel 1977.  Dal 2002 la chiesa della Vergine del Buon Cammino che col suo caratteristico profilo dalle bianche mura domina dal colle omonimo la città di Iglesias, è affidata alle cure delle sorelle povere di Santa Chiara.

Santuario di Nostra Signora delle Grazie

Eletta ufficialmente Santuario il 18 ottobre 1985, la chiesa di Santa Maria delle Grazie, originariamente intitolata a San Saturno, sorge probabilmente fra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo. La facciata è divisa in due ordini. Il primo, risalente al XIII secolo, inquadra il portale con architrave scolpito a girali d’acanto e sormontato da arco di scarico a tutto sesto che al suo interno conserva un’iscrizione recante lo stemma del canonico iglesiente Marco Canavera.  Il secondo ordine presenta una monofora dalle linee gotiche mentre la parte superiore, in cui si aprono due finestre, è di fattura seicentesca e termina con un timpano conserva una campana recante l’effige di santa Caterina d’Alessandria e la data 1649. L’interno ha pianta ad aula mononavata con copertura lignea sorretta da cinque archi a sesto acuto.  Nella seconda campata, sul lato sinistro, si trova la grata con una piccola porta che serviva per la comunione delle monache Clarisse dell’annesso monastero, poi soppresso. Sulla parete destra della quinta campata si trova in basso, inserita nel muro, l’iscrizione funebre in memoria del sacerdote cappuccino Benedetto da Iglesias morto nel 1713. Nell’ultima campata si aprono due piccole cappelle laterali. Quella di sinistra dedicata a San Francesco e quella di destra al Sacro Cuore di Gesù. Sulla parete di fondo, si trova il seicentesco simulacro ligneo di Nostra Signora delle Grazie, venerata dalla comunità iglesiente per aver liberato la città dal flagello delle locuste nel 1735.  La Festa di N.S. delle Grazie si celebra la seconda domenica di luglio di ogni anno. Durante la celebrazione eucaristica il Sindaco di Iglesias a nome della Municipalità e del popolo iglesiente rinnova l’antico voto alla Madonna rileggendo la Supplica e offrendo un cero come ringraziamento per la liberazione dalle voracissime locuste, che per un ventennio avevano devastato i campi, flagellando una popolazione già provata da siccità e peste. Nell’altare trova collocazione il grande reliquiario ligneo che venne realizzato da suor Giuseppina Pinna nel 1903 che custodisce le reliquie di san Placido donate al monastero iglesiente nel maggio del 1842 dal papa Gregorio XVI. Attualmente esposte alla venerazione e disposte nelle pareti della navata si trovano alcune tele di un certo interesse artistico e storico. Meritano, infatti, menzione i quadri raffiguranti rispettivamente san Saturno e la Vergine con Bambino. Il primo è opera di ignoto pittore ed è riconducibile ai secoli fine XVI e inizio e XVII. Il secondo (secc. XVIII – XIX) raffigura la Vergine attorniata dai santi Severo e Severino, Cartoforo e Vittorino che vengono venerati come protettori dei muratori.

Chiesa del Santo Salvatore

La chiesa del Santo Salvatore, sconsacrata dagli anni ‘60 dell’Ottocento, rappresenta uno dei rari esempi di architettura religiosa di epoca bizantina conservati in Sardegna.  La sua costruzione è, infatti, riconducibile al periodo compreso fra il IX e l’XI secolo, così come rivelano le sue strutture murarie, le uniche che, in assenza di documenti relativi a quell’epoca, possiamo interpellare per approfondire la conoscenza dell’antico edificio. La chiesa ha sviluppo planimetrico cruciforme, internamente è coperta da una volta a botte e in origine si concludeva a est con tre absidi di cui solo recentemente si sono rinvenute le tracce a livello di fondazione.

Chiesa di Sant’Antonio Abate

L’edificazione risalirebbe al X-XI secolo. Sul lato destro della facciata si apriva una finestra con cornice di mattoni oggi coperta. L’originario assetto dell’edificio, realizzato con forme artistiche e religiose bizantine, prevedeva tre navate (suddivise tra loro da arcate) e altrettante absidi semicircolari. Attualmente sono visibili l’aula centrale e la parte terminale della navata destra. L’aula centrale è suddivisa in quattro campate da archi trasversali a tutto sesto e realizzati in mattoni. Il soffitto originario, voltato a botte, è stato sostituito da una copertura di travi di legno. Sopra la porta che conduce alla sagrestia un’iscrizione ricorda i lavori di restauro compiuti nell’edificio negli anni 1923 – 1929 per iniziativa del vescovo Saturnino Peri e del canonico Oliviero Angioni.

Chiesa di San Domenico

La costruzione di questo edificio fu patrocinata nei primi anni del secolo XVII dal vescovo di Alghero Nicolò Canavera, nativo di Iglesias. Grazie ad un lascito, disposto nel 1610, dal canonico Melchiorre Fença Canavera, venne annesso alla chiesa un convento di frati domenicani. L’edificio, nel suo evidente aspetto tardo gotico, rappresenta una testimonianza di quella fase artistica di revival stilistico sviluppatosi in Sardegna tra il Cinquecento e l’inizio del Seicento. Sulle pareti della navata vennero collocate diverse lastre tombali che in origine risultavano inserite nella pavimentazione. La prima a destra è del canonico Francesco Fontana, morto nel 1801, la seconda reca il settecentesco epitaffio del canonico Benedetto Apostoli il cui ritratto è scolpito in alto rilievo sul marmo. La terza lastra tombale è del vescovo Nicolò Canavera (morto il 13 luglio 1613). L’ultima epigrafe si trova nella parete sinistra; è di Giovanni Battista Cogoti e risale al 1772. Da rilevare in questa chiesa l’assenza del presbiterio, che fu completamente demolito per consentire l’apertura al traffico della retrostante via Eleonora. L’arco d’accesso al presbiterio venne così inglobato nella nuova parete di fondo in cui si collocò tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento l’attuale altare nella cui nicchia centrale si trova il simulacro di san Domenico.

Chiesa di San Michele

L’edificio, il cui prospetto non venne mai ultimato, è stato costruito tra la fine del secolo XV e gli inizi del successivo e propone i consueti caratteri del tardo gotico catalano.  L’oratorio dedicato all’arcangelo Michele venne edificato per iniziativa della Confraternita del Santo Monte sotto l’invocazione e il titolo della SS. Vergine della Pietà. In occasione della Settimana Santa l’oratorio di san Michele diviene il centro della vita religiosa cittadina.  Da qui partono le suggestive processioni attraverso le quali il popolo dei fedeli è chiamato a rivivere i misteri della passione e morte di Gesù.  Con rituali rimasti invariati nei secoli i confratelli, nei loro caratteristici abiti di derivazione spagnola, accompagnano i fedeli in questa rievocazione suggestiva percorrendo le strade del centro storico di Iglesias invitando i fedeli al raccoglimento, alla meditazione e alla preghiera. I bambini, i giovani e gli adulti partecipano alle processioni indossando una tunica bianca di tela che copre fino al polpaccio, stretta in vita da un cordone, mentre il viso è celato da un cappuccio detto Visiera.  A motivo di questo abbigliamento vengono detti Baballotti; termine che in sardo campidanese si può tradurre come animaletto o piccolo insetto.  Coloro che appartengono all’Arciconfraternita sono detti invece Germani; termine che deriva dallo spagnolo hermano (fratello). Il loro abito è composto da una camicia ornata da fiocchi di velluto nero e da volanti sulle spalle, sul girocollo, lungo l’apertura anteriore e nell’estremità delle maniche. Un’ampia gonna lunga fino a coprire le caviglie completa l’abito, arricchito da una fascia di seta bianca con coccarda che stringe i fianchi.

Chiesa della Beata Vergine di Valverde

La chiesa, sorta intorno alla fine del secolo XIII, rappresenta un modello architettonico di matrice romanica dalle linee gotiche. La facciata, interamente realizzata in conci di pietra vulcanica, è divisa in due ordini da una cornice orizzontale modanata. Nel primo ordine si apre il portale sormontato da arco a tutto sesto con sopracciglio, nel secondo ordine si colloca una bifora gotica, anch’essa con sopracciglio.  L’interno subì profonde trasformazioni alla fine del XVI secolo: l’originaria copertura a capriate venne sostituita con archi diaframma a sesto acuto a sostegno degli spioventi lignei; il nuovo vano presbiteriale a pianta quadrata venne coperto con una volta stellare gemmata; sul lato destro vennero aperte due cappelle, mentre quella sul lato sinistro è oggi obliterata. Nella gemma centrale, la più grande, è raffigurata la Madonna col Bambino. Nelle quattro gemme minori sono incisi rispettivamente il nome dell’autore dell’opera: Melchiorre Serra; la data di esecuzione della stessa 1592; il nome del curatore della fabbrica, l’obrer Antioco Spada; il monogramma di Cristo JHS.

Chiesa di San Francesco

L’edificio attuale è frutto di un totale rifacimento iniziato sul finire del Quattrocento e protrattosi fino agli ultimi anni del secolo XVI e rappresenta una delle architetture gotico-catalane più significative della Sardegna. Nella semplice facciata si apre un portale archiacuto. In linea con esso un rosone racchiuso da cornici modanate e più in alto una mensola su cui poggia una graziosa scultura in marmo che rappresenta la Vergine incinta.  L’interno si presenta scandito in campate da archi trasversali poggianti su semi pilastri in conci di trachite sagomati. Nei capitelli del secondo e terzo pilastro sono scolpiti scudi con lo stemma della municipalità iglesiente in epoca aragonese e spagnola. Sul capitello del quarto pilastro appare sia a destra che a sinistra lo stemma dell’ordine francescano: due braccia incrociate. Lo scudo successivo, sul quinto capitello, reca l’iscrizione O.P.A. (opera) e la data 1558. Il presbiterio a pianta quadrata è rialzato e coperto da una volta stellare. Sette cappelle si aprono su ogni lato. Dalla prima cappella a destra si può raggiungere una cantoria in muratura. Degno di nota, fra gli elementi di arredo liturgico, il Retablo della Vergine attribuito al pittore stampacino Antioco Mainas, realizzato intorno alla metà del XVI secolo.

Chiesa della Vergine Purissima

La costruzione della chiesa intitolata alla Vergine Purissima e del collegio ad essa annesso è dovuta all’ordine della Compagnia di Gesù presente ad Iglesias dal 1578. La costruzione della chiesa, avviata sul volgere del secolo XVII, ebbe uno sviluppo piuttosto lungo e venne consacrata nel 1728 durante la visita pastorale compiuta dall’arcivescovo Falletti.  Alla sinistra della Chiesa, si eleva il campanile realizzato tra il 1909 ed il 1913.  L’edificio presenta una pianta con navata centrale affiancata da cappelle laterali rialzate. Il vano principale si conclude in un ampio presbiterio a pianta quadrangolare, anch’esso posto su un livello superiore rispetto a quello dell’aula. I dipinti della seconda e terza cappella a sinistra che raffigurano la Natività, l’Annunciazione, la Preghiera nell’orto, la Cena in Emmaus e l’Apparizione a santa Margherita sono stati realizzati tra il 1906 ed il 1908 dal pittore Luigi Gambini e dai suoi collaboratori. Attualmente nella Chiesa della Vergine Purissima sono custoditi gli 8 “Candelieri” in rappresentanza dei gremi e dei quartieri storici che scendono in processione durante la grande Festa di Sancta Maria di Mezo Gosto.