La storia millenaria di Iglesias: dal 6000 a.C. a oggi

Nella costa sud occidentale della Sardegna, situata sui rilievi che chiudono la valle del Cixerri, si trova la cittadina di Iglesias

Spiagge, colline, verdi vallate e il Parco Geominerario Storico e Ambientale che custodisce l’intera storia dell’attività mineraria dell’umanità, dai primordi alle più moderne tecnologie.

Sono soprattutto la sua storia, il patrimonio architettonico, le antiche testimonianze del medioevo, le tante reminiscenze della dominazione spagnola e le sue chiese ad affascinare e catturare l’attenzione anche del viaggiatore più esigente, appassionato di storia e di archeologia.

Qui il fascino delle origini è custodito dalle chiese medievali nelle quali troviamo stratificati i segni di un glorioso passato, quello di una città anticamente chiamata Villa di Chiesa. Tale nome deriverebbe, sembra, dal gran numero di edifici di culto che nel Medioevo  sono stati edificati. Del resto è proprio il gran numero di edifici di culto, antichi e moderni, a caratterizzare ancora oggi il tessuto urbano dell’attuale città e ad accompagnarne la storia. 

6000 -750 a.C. Il territorio di Iglesias fu frequentato sin dal neolitico antico, come attestano gli insediamenti all’aperto estesi sui colli che circondano la città: Cruccueddu, Buoncammino, Monte Altari, Pizzu ‘e Pudda. L’età antica del rame è documentata nelle domus de Janas di San Benedetto e nel villaggio di Via San Leonardo.

750 a.C. – 476 d.C. Fenici, Cartaginesi e Romani, attratti dalle ricchezze minerarie, occuparono le zone costiere. I cartaginesi innalzarono in travertino bianco il tempio di Matzanni sulle pendici del Monte Cuccurdoni Mannu nell’isola amministrativa di San Marco. Al periodo romano risalgono l’insediamento di Corongiu, il ponte di Canonica e le vicina tomba ad arcosolio di Monte Pitzuga.

476 – 1258 Con la conquista vandalica (456 – 534 d.C) l’invio nel Sud-Ovest di una colonia di Maurusi determinò l’imposizione alla regione del nome di Maurreddìa e agli abitanti di Maurreddus. La sede della diocesi Sulcitana, sede prima a Sant’Antioco e poi, nel XIII sec., a Tratalias, fu traslata a Villa di Chiesa tra il 1355 e il 1362. Al periodo tardo bizantino o giudicale appartengono i ruderi di numerose chiese. Entro le mura si segnalano la chiesa del SS. Salvatore, di Sant’Antonio Abate e di San Saturno (oggi Madonna delle Grazie).

XIII sec. Nella valle del Cixerri, che andava progressivamente popolandosi di villaggi sparsi, Ugolino della Gherardesca, Conte dei Donoratico e Signore della sesta parte del Cagliaritano, fondò Villa di Chiesa, menzionata per la prima volta in un documento del 1272.

Il territorio, ricco di piombo argentifero e perciò conosciuto anche con il nome di Argentaria, vide rifiorire l’attività mineraria. In breve volgere di tempo Villa di Chiesa si sviluppò, manifestando l’esigenza di uno statuto che regolasse sia la vita cittadina, sia l’attività estrattiva delle miniere vicine: il Breve di Villa di Chiesa. Quella pisana fu una fase eccezionale della storia di Iglesias che divenne il centro più importante del meridione sardo dopo Cagliari.

1323 Nel giugno del 1323 le milizie iberiche sbarcarono a Palma di Sulcis puntando direttamente su Villa di Chiesa che, dopo un lungo assedio, il 7 Febbraio 1324, fu costretta alla resa, ottenendo il diritto all’onore delle armi. Aveva, così, inizio il periodo della dominazione catalanoaragonese. L’infante Alfonso, cinque giorni dopo l’occupazione, concedeva alla città il privilegio di coniare moneta d’argento e, nel 1327, approvava e confermava il Breve di Villa di Chiesa. Nell’aprile del 1354 la città venne incendiata e distrutta nel corso della guerra contro Mariano d’Arborea, che riuscì ad impadronirsene. Tornato in possesso della città, Pietro il Cerimonioso dispose il riassetto delle mura. Tuttavia la situazione rimase confusa ed agitata a causa del continuo riaccendersi dei conflitti fra la Corona d’Aragona ed il Giudicato d’Arborea. Lotte e distruzioni determinarono una stasi dell’attività economica. 

1479 Nel 1479 la Sardegna passava alla Spagna senza che ciò apportasse alcun cambiamento. L’inetto dominio spagnolo e le pestilenze del ‘600 gravarono duramente sul territorio e le miniere furono abbandonate.

1720 Soltanto nel XVIII secolo, quando l’Isola entrò a far parte del Regno di Sardegna, rinacque l’interesse per l’attività mineraria. Nella seconda metà dell’Ottocento si moltiplicarono i permessi di ricerca e di estrazione per i più svariati minerali, si creò una maestranza numerosa e competente, si perfezionarono gli impianti e l’attrezzatura. Inoltre nacquero nuove imprese. In pochi decenni con l’industria mineraria la Sardegna riuscì a conquistare un rilievo di livello internazionale, Iglesias compresa. La popolazione arrivò ai ventimila abitanti.

1900 La crisi del settore agricolo di inizio Novecento portò a Iglesias circa 16.000 lavoratori e quasi tutti vennero impiegati nelle miniere. Le condizioni lavorative di sfruttamento e di miseria degli operai causarono incidenti e scontri. L’11 Maggio del 1920 ad Iglesias gli scioperanti si scontrarono con Carabinieri e guardie regie. Sette furono i morti e ventisei i feriti. Durante il Ventennio fascista, con la politica autarchica, le miniere ricevettero un nuovo notevolissimo impulso, soprattutto per lo sfruttamento carbonifero del Sulcis.  

Tuttavia, il carbone sardo, difficile da estrarsi e di qualità mediocre, non poté reggere a lungo la concorrenza di quello prodotto da altri paesi. Negli ultimi decenni del Novecento le miniere sarde avevano ormai assunto una posizione di definita inferiorità nel mercato mondiale. La perdurante depressione delle quotazioni del piombo zincifero, il progressivo impoverimento dei giacimenti e  l’immane sforzo finanziario richiesto determinarono la cessazione di ogni attività mineraria. 

Oggi Iglesias è una città nuova. Le speranze e le energie del territorio sono volte a incrementare l’economia con le nuove attività legate al settore turistico-alberghiero nel quale trovano adeguata collocazione le strutture minerarie, considerate dei gioielli di archeologia industriale.

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